Renzo GUBERT – Chi è?

Nato a Primiero l’11 agosto 1944, primo di dieci figli, padre primierotto (Turra di Pieve la nonna) e madre “fiamaza” (Delmarco di Castello il nonno e Paluselli di Panchià la nonna), famiglia di piccoli contadini in affitto, con il padre che, per necessità, lascia il lavoro agricolo a moglie e figli e fa il manovale stagionale nell’edilizia.

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Prelati di CEI e Vaticano condannano senza pietà il domenicano Cavalcoli che parla di “castighi di Dio”: chi sbaglia?

di il 16 Dicembre 2016 in religione con Nessun commento

Il segretario della Conferenza Episcopale Italiana, mons. Galantino e il sostituto della Segreteria di Stato del Vaticano mons.Becciu hanno usato parole durissime di condanna di dichiarazioni rese da padre Giovanni Cavalcoli, domenicano, in una trasmissione di Radio Maria, che ipotizzavano come il terremoto possa essere stato un “castigo di Dio” per l’introduzione in Italia del “matrimonio gay”. Sarebbero state per detti prelati dichiarazioni blasfeme e in netto contrasto con il messaggio di Dio misericordioso che Papa Bergoglio ha voluto per l’anno giubilare. Come se la misericordia di Dio eliminasse ogni possibilità di Suo castigo. Sodoma e Gomorra insegnano.

A parte la coerenza di chi in nome della misericordia aggredisce un confratello nella fede, che a loro avviso avrebbe molto “sbagliato”, fino ad essere accusato di bestemmia (ricorda tanto il sommo sacerdote nel processo a Gesù, che si stracciò le vesti), il caso solleva questioni rilevanti per la fede. Fino a che punto Dio interviene nella storia naturale e umana? La scienza ha fatto progressi importanti nell’offrire spiegazioni di fenomeni naturali, sociali e umani e la tecnologia ha progredito molto per controllarli. Ciò ha fatto retrocedere l’attendibilità di spiegazioni religiose, soprannaturali, legando religione a superstizione e mito. Si è così parlato di “demitizzazione” della religione, di sua “purificazione” quando non di un suo superamento in nome della ragione e della scienza.

Eppure le Sacre Scritture contengono molti esempi di interventi di Dio nella natura e nella storia, sia come castigo che come premio. Tra i castighi i più noti sono quelli del diluvio universale (dal quale per grazia divina si salvò Noè), le piaghe d’Egitto e l’annegamento dell’esercito del faraone nel Mar Rosso. Tra i premi la traversata del Mar Rosso all’asciutto da parte di Israele, le vittorie in guerre condotte dal popolo d’Israele e in epoca cristiana i molti miracoli, qualche vittoria militare a difesa della cristianità e i voti comunitari diffusi per scampati pericoli di pestilenze, epidemie, guerre, ecc.. Ma non si tratta solo di fatti del passato “pre-scientifico”; ancor oggi vengono celebrate le rogazioni per ottenere la pioggia in caso di prolungata siccità, si fa pregare perché non scoppi una guerra (e non solo nelle tradizionali litanie), si riconoscono miracoli, prova di santità. Nel Vangelo si riferisce di parole di Gesù che avrebbe promesso che “qualunque cosa chiederete al Padre nel mio nome Egli ve la darà”.

Convivono nella Chiesa moderna visioni “laiche” della natura, della società, dell’uomo, riservando al religioso solo la risposta di fede al senso ultimo della vita e del mondo, e visioni “provvidenziali” che vedono l’azione di Dio elemento essenziale della realtà e delle sue vicende. Preghiere e riti (specie i sacramenti) presuppongono la possibilità – certezza dell’intervento diretto di Dio quanto meno nella vita personale e nella società (la Chiesa), mentre per altro verso la secolarizzazione (che ha percorso anche i cristiani) spinge la rilevanza di Dio ai confini dell’esistenza, ritenendo arretratezza ogni credenza di un suo intervento diretto nella natura, nella società e nell’uomo. Da una parte la Chiesa dà un giudizio di autenticità sulle apparizioni di Fatima e sui suoi messaggi su guerra e conversione della Russia, valorizza esperienze mistiche di dialogo intenso con Dio, parla di miracoli attendibili e dall’altro si scandalizza se un prete-teologo interpreta come castigo divino un terremoto. Non sarebbe meglio mantenere l’instabile composizione tra ragione e fede che caratterizza l’esperienza dei cristiani, senza condanne per chi ne accentua una o l’altra? In fondo il dubbio è più “laico” della condanna razionalista e risponde meglio alla condizione che ci è dato di vivere.

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