Renzo GUBERT – Chi è?

Nato a Primiero l’11 agosto 1944, primo di dieci figli, padre primierotto (Turra di Pieve la nonna) e madre “fiamaza” (Delmarco di Castello il nonno e Paluselli di Panchià la nonna), famiglia di piccoli contadini in affitto, con il padre che, per necessità, lascia il lavoro agricolo a moglie e figli e fa il manovale stagionale nell’edilizia.

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Archivio per Novembre, 2016

Tipologia degli elettori di fronte al referendum costituzionale: note critiche

sul Trentino del 24 ottobre Paolo Mantovan propone una tipologia delle posizioni assunte sul prossimo referendum sulle modifiche costituzionali. Il noto metodologo della ricerca sociale Paul Lazarsfeld suggerirebbe di risalire dalla tipologia allo “spazio di attributi” del quale la tipologia costituisce una “riduzione” (che nel caso in esame verrebbe qualificata come “pragmatica”, ossia basata su una valutazione della ricorrenza dei vari tipi). Vorrei seguire il suggerimento di Lazarsfeld, ripercorrendo la tipologia di Mantovan. Il tipo “modernisti” deriva da una polarità della dimensione “cambiamento come progresso – cambiamento non equivale a progresso”. Il tipo “puristi” come descritto ha una doppia dimensione: “sacralità – non sacralità della Costituzione” e “legittimazione – non legittimazione dell’attuale maggioranza parlamentare”. Il tipo “schifati” segnala la dimensione “il meglio è nemico del bene – non si deve in alcun caso votare a favore di modifiche costituzionali fatte male”. Il tipo “non succede nulla” deriva dalla dimensione “rilevanza o meno del voto referendario sulla situazione politica italiana”. Il tipo “agnostici” segnala la dimensione “rilevanza o meno del voto referendario sulla situazione economica”. Il tipo “regionalisti” deriva dalla dimensione “rilevanza o meno del voto referendario sulle autonomie regionali anche speciali”. Il tipo “soldati” segnala la dimensione “dipendenza o meno del voto referendario dall’appartenenza di partito o di schieramento politico”. Infine l’ultimo tipo “i convinti in buona fede” deriva dalla dimensione “dipendenza o meno del voto referendario dalla valutazione sui suoi contenuti intrinseci”.

Lo spazio di attributi deriva dalla combinazione di tutte le posizioni relative alle nove dimensioni utilizzate da Mantovan (almeno per come sono riuscito a identificarle): uno spazio assai complesso, a nove dimensioni, ciascuna delle quali misurata come minimo in modo dicotomico. Non è detto che ciascuna delle nove dimensioni sia indipendente dalle altre e Lazarsfeld, come ogni sociologo attrezzato nelle tecniche di elaborazione, metterebbe in campo analisi multivariate per capire quante siano le dimensioni tra loro indipendenti e quali, invece, siano tra loro strettamente covarianti. Ma anche senza tali analisi, non risulta difficile pensare che buona parte delle nove dimensioni segnali atteggiamenti non sovrapponibili neppure solo empiricamente. Si può pensare che giudizio su sacralità o meno della Costituzione si associ alla dimensione relativa al legame tra cambiamento e progresso e forse anche al giudizio sulla legittimazione dell’attuale Parlamento, oppure che la valutazione degli effetti politici del voto referendario si associ a quella degli effetti economici, o ancora che il voto per appartenenza politica sia connesso al voto non dipendente dai contenuti, ma altre correlazioni strette sembrano difficili. Permane sempre uno spazio di attributi a cinque dimensioni. Misurate dicotomicamente, se due dimensioni, incrociate individuano quattro tipi possibili, se sono tre essi diventano otto, se sono quattro diventano sedici e se sono cinque diventano trentadue, derivanti dalla diverse combinazioni, ciascuna senza significative sovrapposizioni. I possibili tipi individuabili in base alle dimensioni usate da Mantovan sono come minimo trentadue.

Mantovan ne cita otto, ciascuna corrispondente a una polarità di ciascuna dimensione, considerata però disgiuntamente dalle altre. La sua capacità giornalistica sicuramente gli avrà consentito di individuare gli otto tipi principali, ma anche la sua abilità si sarebbe giovata dal ricorso a logiche combinatorie, che appaiono assai probabili nella realtà, almeno sulla base di quanto si legge, si sente e si vede nella stampa e nei mezzi radio-televisivi. Ciò consentirebbe, tra l’altro, di rappresentare meglio la realtà, con divisioni meno nette di come rappresentate da Mantovan. I vari motivi delle propensioni o delle scelte per il Si o per il No possono tra loro combinarsi e incrociarsi, anche per la varietà eterogenea dei cambiamenti costituzionali da valutare.

Quanto scritto non suoni a critica dell’analisi di Mantovan, in ogni caso utile, ma come sollecito a ulteriori approfondimenti.

Ringraziare Lutero?

di il 6 Novembre 2016 in COMMERCIO con Nessun commento

Vita Trentina del 23 ottobre riporta un’intervista a mons. Brian Farrel, segretario del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani. Tra i temi le celebrazioni dei 500 anni della riforma luterana, che vedranno il 31 ottobre anche la presenza in Svezia di Papa Bergoglio. Il monsignore parla di spirito di amicizia tra cattolici e luterani, dell’opportunità di sottolineare le cose che accomunano anziché guardare a quelle che dividono. Giusto camminare nella reciproca carità, ma mi chiedo che carità, che amore sia quello che nasconde all’altro (o mette tra parentesi) la verità. La verità non si scaglia, certo, ma si dice, in spirito fraterno. Che proprio a Trento, città della riforma cattolica in risposta alla riforma luterana, da parte di mons. Farrel si sconfessi la lunga storia della preservazione della verità contro le eresie luterane e in generale protestanti, dicendo che invece bisogna valorizzare l’apporto alla chiesa universale della riforma protestante, mi è sembrato fuori luogo. Le verità proclamate in modo solenne dal Concilio di Trento, smentendo contrarie affermazioni luterane, sono ancora valide?

Una cosa è orientare i rapporti tra cattolici e protestanti a spirito di carità; altra cosa considerare positivamente gli apporti della riforma protestante. Da sociologo vorrei ricordare come Max Weber rintracci proprio nell’etica protestante la fonte dello “spirito del capitalismo”, che non mi risulta possa essere valorizzato dalla dottrina sociale della Chiesa cattolica, neppure nella versione ultima di Papa Bergoglio. Anzi! Da sociologo che da decenni studia sui valori, non posso non ricordare come in tema di vita umana e di famiglia sono le società influenzate dalla riforma protestante a non conoscere limiti etici. Per non parlare dell’esigua percentuale di cristiani che assistono alla messa e dell’aumento forte di non battezzati. Non si può tacere, inoltre che è stata proprio la riforma luterana a trasformare il rapporto dialettico tra autorità religiosa e autorità politica realizzato nel Medio Evo e continuato in età moderna, in un’asservimento della chiesa al potere politico, negando la laicità di questo. E non è solo il caso del principio per cui il popolo doveva avere la religione di chi aveva il potere politico (“cuius regio, eius religio”) o della Regina di Gran Bretagna, capo della Chiesa anglicana, ma anche fino a ieri dei paesi luterani nord-europei. Dobbiamo ringraziare di tutto ciò Lutero e la riforma protestante?

Mons. Farrel afferma che tra cattolici e luterani non vi sono poi grandi contrasti. Quelli che ci sono vengono da lui considerati di non grande importanza, un abbaglio preso da Papi e vescovi per 500 anni? Motivati da rivalità? Forse è il caso di approfondire la questione……

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