Renzo GUBERT – Chi è?

Nato a Primiero l’11 agosto 1944, primo di dieci figli, padre primierotto (Turra di Pieve la nonna) e madre “fiamaza” (Delmarco di Castello il nonno e Paluselli di Panchià la nonna), famiglia di piccoli contadini in affitto, con il padre che, per necessità, lascia il lavoro agricolo a moglie e figli e fa il manovale stagionale nell’edilizia.

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Passi Rolle e Sella: vittime di un ambientalismo dogmatico?

Confesso che due fatti che hanno avuto molta attenzione sui giornali locali in questi giorni mi hanno indotto a riflettere: la chiusura al traffico per un giorno alla settimana di Passo Sella e l’entusiasmo di molti di fronte all’idea di un manager de La Sportiva di eliminare da Passo Rolle gli impianti di risalita per lo sci di discesa per rendere Passo Rolle una stazione per relax e pratiche sportive “leggere”, più “naturalistiche”. Strade larghe ed asfaltate per passare da una valle all’altra, conquista degli anni Sessanta, sono viste come strumento di snaturamento della bellezza dei passi alpini. Impianti di risalita per rendere facile la discesa con gli sci, da progresso sono diventati deturpazione del paesaggio per chi alla montagna d’inverno chiede altro. Ciò che cinquanta e più anni fa era progresso, conquista, è diventato un “carico” da eliminare.
Negli anni della mia gioventù con degli amici esploravo il mondo in bicicletta. Le strade per i passi dolomitici erano strette e sterrate( il Rolle da San Martino in su), ed il rischio di cadere per le malformazioni della carreggiata era ricorrente: che sollievo quando si poté utilizzare una strada più larga ed asfaltata, da ultimo per il Passo Gobbera, il Passo Broccon, il Passo Cereda. Tramite il passo si entrava in rapporto con valli vicine. Si cominciò anche a usare del passo per lavoro o per studio nella valle vicina. Ora conta godere il passo di per sé, libero da veicoli, come se per chi non ama vedere strade o impianti di risalita non bastasse spostarsi di un po’ per avere quello che gli piace, senza costringere chi la strada usa a farne a meno o chi dall’impianto ricava utilità (e in montagna non sono tante) o piacere, a rinunciarvi.
Un tempo l’economia montana portava a fare dei corsi d’acqua i confini tra gli spazi delle comunità locali ( e ci sono ancora memorie in molti confini amministrativi, compreso Vanoi e Travignolo per restare a Primiero); la montagna era l’habitat comunitario. Poi l’economia è cambiata, le interdipendenze si sono organizzate lungo i corsi d’acqua e la montagna è divenuta solo ostacolo. Chiudere i transiti dei passi (sia pure per ora temporaneamente) o eliminare attività attrattive sui passi, da rendere più “naturali”, è un ulteriore episodio della separazione tra valli. E Rolle viene incorporato nella val di Fiemme. Decenni di inutili chiacchere per collegarlo con San Martino e Primiero; l’esposizione a valanghe della strada continua a rimanere e il collegamento degli impianti sciistici di San Martino con quelli di Rolle viene prima declassato (non più “mobilità alternativa” per poter godere di finanziamento pubblico), e poi proposto per la sepoltura con l’idea del Passo Rolle libero da impianti. Eppure non sono passati molti anni da quando esperti e politici ne proclamavano l’importanza.
La trasformazione della montagna da spazio antropizzato a “riserva naturale” sta intaccando anche i canali di comunicazione, che appaiono ormai solo “deturpanti” l’ambiente. Si fa il paio con la facilitazione all’insediamento di animali grandi predatori, orsi e lupi per ora, che alla lunga porteranno al ritiro dall’alta montagna fatta di pascoli di coloro che la usano per gli alpeggi di pecore, capre, equini, bovini. E il tutto guidato dalle élite urbane o urbanizzate, da sempre sensibili alla “naturalità” dell’ambiente dove godere il proprio tempo libero. Ma non possono goderselo altrove? Ci sono molti spazi “vergini” in montagna. Vogliono proprio far ritornare a una finta verginità un passo, (il Sella o il Rolle ora, ma poi anche altri), finta perché non propone altro che un nuovo “consumo ambientale” più alla moda per alcuni ceti intellettuali o pseudo-ambientalisti o amanti di “nuove esperienze”?
Credo che serva un momento di riflessione, specie da parte delle élites locali delle aree di montagna; non devono prestarsi a colonizzazioni che sembrano alla moda: la moda di salire su una grande strada asfaltata in bicicletta o quella godere di un paesaggio senza ingombro di impianti proprio su quella piccola parte di territorio che ha sviluppato opportunità diverse e consolidate.

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