Renzo GUBERT – Chi è?

Nato a Primiero l’11 agosto 1944, primo di dieci figli, padre primierotto (Turra di Pieve la nonna) e madre “fiamaza” (Delmarco di Castello il nonno e Paluselli di Panchià la nonna), famiglia di piccoli contadini in affitto, con il padre che, per necessità, lascia il lavoro agricolo a moglie e figli e fa il manovale stagionale nell’edilizia.

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I silenzi dell’editoriale abortista del quotidiano T

di il 9 Maggio 2024 in etica pubblica, famiglia, sanità con 1 Commento

Egregio Direttore dott. Casalini, 
il numero del 3 maggio del giornale da Lei diretto affida l’editoriale a una professoressa associata di scienza politica, Alessia Donà, che considera diritto della donna incinta abortire e si esprime negativamente sulla possibilità che nei consultori familiari vi sia una presenza associativa motivata a rimuovere gli ostacoli che una donna può incontrare nel portare a termine la sua gravidanza. Da trentino che ha subito apprezzato la presenza in Trentino di un quotidiano autonomo espressione di forze sociali ed economiche locali mi chiedo se vi sarà occasione di leggere un editoriale che non dimentichi in tema di tutela della vita umana quanto la professoressa Donà tace e che non tratti da reazionario, come viene fatto per la ministra Eugenia Rocella, chi ricorda che la legge 194 è intitolata in primis come tutela della maternità e consente l’aborto solo a certe condizioni. Se fosse un diritto delle donne disporre della vita e della morte del bambino o bambina che portano in grembo, non avrebbe senso sottoporre l’autorizzazione ad abortire a procedure complesse e se proprio si vuole insistere a chiamarlo “diritto”, si dovrebbe onestamente aggiungere che è un diritto condizionato. Si dovrebbe anche aggiungere che se un medico o un’infermiera possono rifiutarsi di metterlo in pratica perché ciò violerebbe la loro coscienza, vuol dire che se anche lo si vuole chiamarlo diritto, non è certo un diritto che la coscienza di molti considera tale, ma considera uccisione di un essere umano. Se i favorevoli a chiamare “diritto” tale uccisione sono ostili a presenze di associazioni di sostegno alla maternità, pur previste anche dalla legge 194, perché susciterebbero nella donna che decide di abortire “sensi di colpa”, ciò significa che è un diritto del cui esercizio si potrebbe anche vergognarsi, essendo chiara la sua natura di soppressione di un essere umano in formazione. Non è facile convincersi che è solo gestione del proprio corpo, come anche l’editorialista sostiene, mai mettendosi dalla parte di chi viene soppresso. Costa così tanto riconoscere la verità? Mi permetterei di suggerire alla prof. Donà di leggere i risultati delle ricerche di Donatella Cavanna, anche lei già docente di psicologia a Trento e poi pofessoressa ordinaria all’Università di Genova. La coscienza della donna si ribella anche non volendo all’esperienza di abortire. Abortire viola l’essre profondo di chi abortisce. Perché tacerne? Si fa proprio un servizio ai diritti delle donne o si mascherano ferite difficili e lunghe da sanare?

Finora non pubblicata,

1 Commento dai lettori

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  1. Giuliano ha detto:

    Bravo!

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