Renzo GUBERT – Chi è?

Nato a Primiero l’11 agosto 1944, primo di dieci figli, padre primierotto (Turra di Pieve la nonna) e madre “fiamaza” (Delmarco di Castello il nonno e Paluselli di Panchià la nonna), famiglia di piccoli contadini in affitto, con il padre che, per necessità, lascia il lavoro agricolo a moglie e figli e fa il manovale stagionale nell’edilizia.

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Natale secolarizzato anche nelle chiese: Gesù da messia politico a messia sociale

di il 21 Dicembre 2018 in COMMERCIO con Nessun commento

Su l’Adige del 20 dicembre scorso è pubblicato l’editoriale di Donata Borgonovo Re e tra le lettere una di un gruppo di lettori che sostiene l’appropriatezza del presepe “attualizzato” della Chiesa del Santissimo di Trento. Se Gesù nascesse ora, nascerebbe su un barcone: questa la tesi, volta a sottolineare come Gesù abbia scelto di nascere in povertà tra i poveri. Una volta erano i pastori che sostavano la notte in grotte e ripari precari; ora sono coloro che per immigrare in Europa si imbarcano in barconi precari. Ci sarebbe molto da osservare sulla proponibilità del parallelo, ma non è su questo che volevo richiamare l’attenzione, quanto sull’interpretazione della venuta di Gesù tra gli uomini. Quella proposta si focalizza sulla dimensione sociale: la sua venuta vorrebbe insegnare l’amore per i poveri, ieri i pastori e oggi gli immigrati clandestini.

Non so se i pastori fossero dei poveri, in una società dove la pastorizia era un’attività rilevante, visto l’ambiente del Medio Oriente. Basti pensare ad Abramo, ricco pastore, che si separa da Lot pur egli ricco pastore. E neppure chi oggi impiega qualche migliaio di euri o di dollari per pagare coloro che organizzano le migrazioni clandestine sembra essere nella sua società un povero. I poveri non hanno i soldi per pagarsi il viaggio, né hanno istruzione e strumenti di comunicazione utili durante e dopo il percorso migratorio. Ma, fossero anche poveri, l’interpretazione della venuta di Gesù per insegnare la solidarietà sociale è semplicemente riduttiva, tipica di una società secolarizzata, nella quale concetti come “peccato”, “redenzione” “vita eterna” “salvezza” non hanno più senso e se lo hanno è confinato nell’immanenza, nella dimensione sociale (escluso il concetto di “vita eterna”, che ad essa non si può proprio ridurre, a meno che non si dia a “vita” il significato di perdurare della memoria di un uomo o donna tra gli uomini, come si fa in qualche funerale “laico”).

L’attesa del Messia ai tempi di Gesù, e anche da parte dei suoi seguaci, era riferita a una dimensione politica; ora alcuni (molti) la riferiscono a una dimensione sociale. Ma quanti sono stati i profeti di liberazione politica dall’oppressione e di liberazione sociale dall’ingiustizia e dalla povertà? Si può credere o meno che Gesù sia proprio Dio fatto uomo: in fondo è irrilevante per la comprensione del suo messaggio morale. E così si può celebrare il ricordo della sua venuta sottolineando che ciò che conta è il suo messaggio morale. E per far questo si trasfigura anche la sua nascita come scelta per i più poveri, per i marginali. Si dimentica che Gesù era figlio unico di un artigiano con una giovane moglie devota, che aveva una casa in una cittadina, probabilmente non male attrezzata visto il suo mestiere, e che è nato in una stalla per caso, e non perché Giuseppe non avesse il denaro per pagare una stanza d’albergo, ma perché la città era sovraffollata di gente e gli alberghi avevano le stanze tutte occupate. E’ successo anche a me che a Roma, da giovane docente: non trovavo una stanza d’albergo a morire e ho dormito sotto le pensiline della Stazione Termini. E quanti, a casa mia, una casa agricola a Primiero, negli anni Cinquanta, bussavano per poter passare la notte nel fienile o d’inverno, nella stalla! Nei miei giri di più giorni in bicicletta, da giovane, con gli amici si chiedeva ospitalità ai contadini, nei fienili. E non ci sentivamo miserevoli e reietti. Siamo abili a usare la retorica del povero, dell’eroe, del generoso, se ci serve per non affrontare la realtà così come è e rafforzare e propagandare, invece, le nostre convinzioni.

Il Natale non è la festa della solidarietà, ma è la festa per avere avuto in dono la vita eterna (invece che il nulla eterno, la dannazione eterna), nonostante la nostra miseria di miscredenti. “La tua fede ti ha salvato”, diceva spesso Gesù dopo un miracolo. Ma crediamo ancora, noi cristiani, laici e preti, a Gesù Dio fatto uomo per donarci la vita eterna?

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