Al direttore de l’Adige Pierangelo Giovanetti,
Lei nell’editoriale di domenica 21 gennaio giustamente denuncia la lamentevole situazione della comunità trentina nel garantirsi buona capacità politica a livello nazionale nella scelta delle candidature al Parlamento. Vorrei dirle che le cose non vanno diversamente quanto ad attendibilità delle notizie che vengono diffuse su giornali e riviste in merito a risultati di ricerche cosiddette “scientifiche” in campo sociologico.
Sui giornali, anche locali, non è raro imbattersi in ampi spazi dedicati alla presentazione di risultati di indagini sociologiche, in particolare quando questi possono colpire l’attenzione dei lettori o confermerebbero dinamiche sociali gradite a direttori ed editori.
Quasi mai i giornali si fanno carico di rendere noti i metodi di ricerca impiegati (campioni e tecniche di somministrazione di questionari o interviste) e quando lo fanno perché chi ha fatto l’indagine vanta attendibilità dei dati, spesso proprio la metodologia impiegata dimostra esattamente il contrario, ossia l’inattendibilità dei risultati. Se lo si fa rilevare al direttore, questi ringrazia, ma non pubblica i rilievi critici.
Ho avuto modo di curare, in posizione di responsabilità per l’Italia, più rilevazioni novennali dell’indagine sui valori dell’European Values Study e una rilevazione del World Values Survey e sono venuto a diretto contatto con il mondo delle varie “agenzie di ricerca” che si offrono di eseguire rilevazioni per conto di committenti. Alcune si rifiutano di farle seguendo criteri di affidabilità scientifica e altre accettano di farlo, ma con costi assai più elevati del normale. I preventivi sono così alti che anche committenti scientifici (università, enti di ricerca) rinunciano talora all’attendibilità dei risultati.
L’attendibilità (sempre probabilistica), di una survey, studiata dalla metodologia della ricerca e dalla statistica inferenziale, si basa su requisiti di base senza i quali nulla possono dire tali discipline: la principale è la casualità con la quale si scelgono le persone da intervistare (o altre entità delle quali si studiano i caratteri, come ad es. i comuni). Anche se si parte da un campione rappresentativo, le procedure possono portare ad alterarla in modo irrimediabile. In un’indagine nazionale cui un quotidiano ha recentemente dedicato attenzione, per es. su 13.413 contatti con persone, solo 1561 sono andati a buon fine, ossia poco più del 10%. Non si dice se le oltre tredicimila persone contattate siano state scelte con criteri di casualità (se ne può dubitare), ma anche lo fossero, i fattori selettivi intervenuti, per cui solo una persona su 10 è stata poi inclusa nel campione, toglie agli intervistati qualsiasi rappresentatività controllabile scientificamente.
Nella stessa indagine, come in moltissime curate da agenzie di ricerca, si usano, poi, sistemi di intervista tramite mezzi elettronici (telefono, posta elettronica, altri metodi con uso di computer e smartphone), che già da soli implicano una netta selezione degli intervistati, privilegiando i più istruiti, i più giovani, i più reperibili. Altro metodo quello di andare per strada o di casa in casa scegliendo persone che si incontrano o che sono reperibili e disposte a spendere parte del proprio tempo per l’intervista. Si stabiliscono quote di persone da intervistare per sesso, età, forse istruzione, ma ciò non elimina la selettività delle persone. Si ponderano i risultati in modo da rimediare ad es. alle basse quote intervistate di alcune categorie di persone (per sesso, età, istruzione, cittadinanza), ma anche ciò non rimedia al fatto che le minori quote relative ad alcune categorie non siano rappresentative. Non è che, ad es, raddoppiando o triplicando il peso dei pochi anziani intervistati si considerino gli anziani che non hanno computer o smartphone, ma essi possono avere opinioni e situazioni diverse dagli altri. Non rappresentativi, quindi, i risultati e ridicolo calcolare margini massimi probabilistici di errore sulla base della scienza statistica.
Altro errore nascosto e non rilevato è il riportare dati di un’indagine nazionale, sezionandola per regione o per provincia. Si presentano percentuali, senza dire che al di sotto di certe numerosità e in carenza di rappresentatività regionale o provinciale, quei dati non sono affidabili. La buona rappresentatività, fosse anche garantita a livello nazionale, non lo è a livello infra-nazionale, salvo che le numerosità e i criteri di campionamento e di rilevazione non fossero stati previsti con tale scopo, fatto di solito non previsto per indagini nazionali per gli alti costi. E per il Trentino Alto Adige i subcampioni sono così piccoli da non consentire attendibilità alcuna. Eppure si pubblicano e se ne vanta l’attendibilità.
In periodo di frequente uso di indagini sulle preferenze elettorali, un’avvertenza in proposito ai lettori mi sembra utile. La sensibilità di agenzie di rilevazione agli interessi di chi le paga è più che possibile, e. come si sa, chi le paga sa che nella vita sociale operano meccanismi di “profezia che si autoadempie”.