Renzo GUBERT – Chi è?

Nato a Primiero l’11 agosto 1944, primo di dieci figli, padre primierotto (Turra di Pieve la nonna) e madre “fiamaza” (Delmarco di Castello il nonno e Paluselli di Panchià la nonna), famiglia di piccoli contadini in affitto, con il padre che, per necessità, lascia il lavoro agricolo a moglie e figli e fa il manovale stagionale nell’edilizia.

Continua »

Memoria corta dei sostenitori del sistema elettorale maggioritario

Caro Direttore,
l’Adige di lunedì 25 gennaio pubblica un articolo di Andrea Radice decisamente critico verso il ripristino del sistema elettorale proporzionale annunciato da Giuseppe Conte nel discorso alle Camere per la fiducia. Interessante la frase “Certo, il sistema maggioritario non risolve le cose, ma almeno dà inizio a un’inversione di tendenza, con la quale si può cominciare a ragionare per operare scelte sempre più programmatiche…”. Non mi pare tanto, ed è un rigurgito di realismo. L’avv. Radice non può far finta di non sapere che l’esperienza del maggioritario, appena attenuato da una modesta quota proporzionale, è già stata messa in atto nel 1994, senza che, dopo più prove, vi sia stata una stabilità dei governi per tutta la legislatura. Nel 1994 vinse il centro-destra, ma dopo pochi mesi uno dei partiti, la Lega Nord, mise in crisi il Governo Berlusconi. Al turno successivo vinse il centro-sinistra, ma anche in questo caso il Governo Prodi venne mandato a casa da Rifondazione Comunista e sostituito dal Governo D’Alema, grazie a CCD e CDU che si spostarono, costruendo l’UDR, dal centrodestra al centrosinistra. Nel 2006 vinse il centro-destra con Berlusconi, ma fu mandato in crisi dalle irrequietezze interne alla coalizione e da un Presidente della Repubblica sensibile a voleri non italiani. Se gli orientamenti politici sono numerosi e non liquidi, le alleanze, sia che si facciano prima del voto, come nel maggioritario, sia che si facciano dopo, come nel proporzionale, corrono sempre il grande rischio di spaccarsi. E’ impossibile eliminare la diversità con un sistema elettorale, salvo che non si adotti un sistema plebiscitario verticistico nel quale un voto ogni un certo numero di anni dia tutto il potere a un individuo (Presidente). E’ una democrazia ridotta a poco. La ricchezza plurale degli orientamenti politici impone di far la fatica di raggiungere e mantenere intese programmatiche per il governo. Non si può non ricordare, tra l’altro, che la durata limitata dei governi nati con leggi proporzionali si è di fatto accompagnata a una grande stabilità politica di alleanze fra Democrazia Cristiana e partiti dell’area liberale e socialista democratica. Elemento per giudicare della stabilità non è solo la durata di un governo, ma anche quella di sistema tra un governo, i governi precedenti e i governi successivi. Per queste considerazioni la Democrazia Cristiana è a favore di un sistema proporzionale, accompagnato dalla regola della “sfiducia costruttiva”, che in Germania hanno garantito stabilità ed efficacia decisionale.
Cordiali saluti,
Renzo Gubert
Presidente del Consiglio Nazionale della Democrazia Cristiana

Inviato a L’Adige e finora non pubblicato

Cattolici e scelte politiche negli USA; osservazioni a Tonini e Dellai

di il 11 Gennaio 2021 in elezioni, partiti politici, religione con 2 Commenti
Su due giornali editi in Trentino, domenica 10 gennaio due articoli di due politici di sinistra che si considerano cattolici, Giorgio Tonini e Lorenzo Dellai. L’oggetto: la situazione politica statunitense, prendendo spunto dalle vicende legate all’esito delle elezioni presidenziali. Tonini è soddisfatto perché su tre vertici istituzionali negli USA ben due sono di religione cattolica e per la rilevante presenza di deputati e di senatori cattolici, accentuata nel partito democratico. Dellai giudica insufficiente la presa di distanza della destra in Italia dal metodo violento usato nel violare il Campidoglio da parte di dimostranti filo-trumpiani e se la prende con l’ex nunzio della santa Sede negli USA Viganò per una lettera che avrebbe scritto a favore del voto per Trump. Mi permetto alcune osservazioni.

A Tonini vorrei dire che l’essere di religione cattolica non garantisce la fedeltà ai principi del cattolicesimo. Lo hanno dimostrato proprio i due vertici “cattolici” Biden e Pelosi, che sui temi cruciali della tutela della vita umana dal concepimento alla morte naturale e della tutela della famiglia fondata sul matrimonio di uomo e donna, due dei principi “non negoziabili” per un cattolico, hanno assunto con evidenza posizioni opposte, proprio in netto contrasto con quanto sostenuto da ultimo anche da Papa Bergoglio, che continua a richiamare l’inumanità della “cultura dello scarto” che legittima ad es. l’uccisione nel grembo materno di chi non è desiderato per qualche ragione, fosse anche la sola sua salute. Ricordo, nella mia esperienza nell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa come su questi principi fondamentali si trovassero convergenze con cristiani protestanti, ortodossi, mussulmani assai più che con cattolici che tali erano solo per aver ricevuto da bambini il battesimo. Guardiamo alle scelte di valore più che ai registri demografici, che risentono di andamenti demografici che stanno modificando la composizione etnica degli Stati Uniti!

A Dellai vorrei dire che la pretesa che la condanna dell’uso della violenza nella vicenda dell’intrusione di manifestanti nel Campidoglio di Washington (non si può contrabbandare per tentativo di insurrezione o di colpo di stato, tant’è vero che i lavori del parlamento sono ripresi in giornata) non sia credibile se non si prendono le distanze dalle posizioni politiche sostenute da Trump, sa tanto di autoritarismo. Si possono condannare determinati comportamenti senza condannare in toto le convinzioni politiche professate da chi in modo improvvido ha incentivato le intrusioni. Su temi come la tutela della vita, ad es., Trump ha assunto posizioni consonanti con quelle sostenute dalla morale cristiana e mi pare che non si tratti di un tema secondario, univocamente trattato dal magistero della Chiesa. Non è un caso che i movimenti “pro-life” si siano pronunciati per il voto a Trump. La violazione dei valori e delle regole democratiche possono avvenire in molti modi. Il sistema elettorale nei diversi stati degli USA si presta a brogli, specie in relazione all’uso estensivo e decisivo del voto per corrispondenza, che non garantisce che il voto sia personale e segreto. Trump e il suo staff non hanno fornito prove, ma di tali violazioni era impossibile esibire prove. Ho assistito da osservatore del Consiglio d’Europa a molte votazioni in molti paesi ed ho visto molti brogli pur essendo la procedura di voto quella tradizionale ai seggi. In un’America dove i “poteri forti”, compresi i media, erano tutti pro democratici, è ancora più difficile che a sospetti di brogli venga data attenzione. Con il voto per corrispondenza la garanzia di voto personale e segreto può vanificarsi, senza che vi siano prove. Mi pare quindi possibile che almeno una parte della protesta abbia fondamento e in quel caso le valutazioni dovrebbero essere più prudenti.

La tradizione politica dei democratici cristiani è altra, rispetto a populismo e sovranismo espressi da Trump, ma di questa tradizione fa parte anche la prudenza nel giudicare, evitando strumentalizzazioni e falsificazioni.

Teologi e fede: serve una laurea statale in teologia?

sul Trentino del 7 gennaio è pubblicato un articolo di Maurizio Gentilini sul ritorno della teologia nell’università italiana grazie all’istituzione di un corso di laurea a Palermo in “Religioni e culture”, per il quale è stata stabilita una collaborazione con la Facoltà teologica di Sicilia. Il Gentilini coglie l’occasione per ripercorrere una vicenda trentina che mi pare aver avuto nei desideri di qualcuno, allora, una portata maggiore, non limitata a una collaborazione tra istituzioni statali ed ecclesiastiche, come è quella palermitana. Questa, tra l’altro, non conferisce una laurea in teologia, ma in “religioni e culture”, ossia in materia culturale nella quale rientrano anche le religioni. La cultura rientra in campi di studio nelle università statali già da tempo, oggetto di insegnamento, come nei corsi di “sociologia della religione” o “sociologia delle religioni” e di “sociologia dei fenomeni culturali” che a Trento hanno annoverato e annoverano studiosi di rilievo come lo scomparso Sabino Samele Acquaviva e, a Lettere, Salvatore Abbruzzese.

Ricordo che quando fu presentata a Trento l’eventualità di istituire una laurea in teologia presso l’Università di Trento in collaborazione con l’Istituto di Scienze Religiose, da professore dell’Università, anche con qualche responsabilità istituzionale, espressi un parere negativo. Alla radice stanno le medesime valutazioni che poi hanno portato la diocesi di Trento a costituire una sua propria scuola teologica, anche per la preparazione degli insegnanti di religione, togliendo tale compito all’Istituto di Scienze Religiose dell’Istituto Trentino di Cultura (ora Fondazione Kessler), ente laico provinciale. La questione cui rispondere è in fondo la seguente: la teologia cristiana è e
deve essere una disciplina “ancillare” alla fede o è una disciplina che può essere coltivata e insegnata indipendentemente dalla fede, anche da atei o da fedeli di altra religione? Forse per qualcuno la cosa più importante è l’autonomia epistemologica di una disciplina, che ha i suoi canoni che ben poco avrebbero a che fare con la fede. Non so se Gentilini sia su questa posizione. Per chi ha responsabilità di guida di una comunità cristiana (ma il ragionamento si applica anche ad altre religioni, come ad es. l’ebraica o la mussulmana) una teologia atea, agnostica, slegata da una fede, rischia di sviare la comunità dalla vera fede. Il problema diventa ancora più evidente se tra gli sbocchi professionali di un laureato in tale teologia vi fosse pure l’insegnamento di una religione, come quello di religione cattolica previsto in Italia dal Concordato. Vi è stato un acceso dibattito sul fatto che gli insegnanti di religione cattolica debbano ottenere il gradimento del vescovo della diocesi dove dovrebbero insegnare e ancora v’è chi avversa tale soluzione. Non basta certo l’aver ottenuto una laurea in teologia da un’università statale, sia pure con la collaborazione di una facoltà teologica ecclesiastica, per dare la garanzia che un docente di religione cattolica insegni religione cattolica e non altro, sia pure nei soli suoi aspetti di cultura, peraltro tutt’altro che secondari. Per questo mi pare semplicistico o eccessivamente accondiscendente alle tendenze secolarizzatrici, orientare positivamente l’opinione pubblica cristiana all’istituzione di una laurea statale in teologia, disciplina che dovrebbe sganciarsi dalla fede e dalla comunità religiosa che la professa.

Inviato a il Trentino e finora non pubblicato

Mercanti nel tempio? Dubbi in merito a un articolo sugli interessi per prestiti di Bruni su Avvenire

Avvenire di domenica 27 dicembre pubblica un lungo articolo di Luigino Bruni intitolato “Quando e perché i mercanti poterono occupare il tempio”. Il tema affrontato è di interesse non solo per gli storici, ma anche per l’etica economica e sociale contemporanea. Il titolo allude alla cacciata dei mercanti dal tempio da parte di Gesù, a Gerusalemme e propone la tesi di fondo, ossia il cedimento della Chiesa agli interessi dei mercanti e dei banchieri al tempo della Signoria Medici a Firenze e anche successivamente con riferimento al culto dei Re Magi. Mi ha colpito il contrasto tra le analisi del Bruni in quest’ultimo contributo e le lezioni che, studente di Sociologia a Trento nel 1965-66, frequentavo del prof. Gino Barbieri, eminente professore di Storia economica, (Legnago, VR, 1913-1989), formatosi alla Cattolica di Milano, allievo di Amintore Fanfani.

Il dibattito sull’ammissibilità della riscossione di interessi per i prestiti fu un tema assai dibattuto, confrontandosi le tesi intransigenti che richiamavano comandi della Bibbia del prestare senza esigere interessi e quanto si veniva imponendo nella nuova economia capitalista del prestito con interessi, stabilendo che di usura si poteva parlare solo se il tasso di interesse diventava assai elevato (fissato negli Statuti cittadini). Fu Martino Tomitano nato a Feltre, laureato con lode a Padova e divenuto poi frate minore assumendo il nome di Bernardino (da Feltre, riconosciuto beato dalla Chiesa) che approfondì in modo rilevante e con riflessi operativi l’etica sulla questione, distinguendo il prestito alla povera gente per poter vivere dal prestito come parte del capitale per poter produrre, commerciare e creare ricchezza. Come ricordato in altre parti dei contributi di Bruni pubblicati da Avvenire, il divieto di richiedere interessi valeva per Bernardino da Feltre per per il primo tipo di prestito, non per il secondo. E per i prestiti del primo tipo fondò i Monti di Pietà (il primo a Perugia, nel 1462), nei quali i prestiti ai poveri erano senza interessi.

Per Barbieri si trattò di un avanzamento di riflessione etica da parte del cristianesimo che lo fece uscire dalle secche di un integralismo letterale che applicava una norma motivata per certe situazioni a situazioni nuove, diverse, determinate dall’affermarsi del capitalismo. Non si tratta, quindi, di un cedimento etico, come lascia intendere Bruni in quest’ultimo contributo, ma di un progresso etico. L’usura è certamente rimasta un peccato, ma le condizioni affinché si possa parlare di usura sono state riviste. Semplificare il tutto parlando di mercanti che occupano il tempio, di cedimento della Chiesa che contraddice principi fondamentali, mi sembra tra l’altro non coerente con l’apprezzamento che, in precedenti contributi, Bruni esprime per il “realismo” dimostrato dai francescani, della loro capacità di “discernimento” (a differenza di altri) rispetto alle dinamiche economiche e sociali del loro tempo.

Omicidio di Agitu: colpa della concezione patriarcale della famiglia?

di il 6 Gennaio 2021 in famiglia, migrazioni con Nessun commento
Caro Direttore, nelle pagine della rubrica “Opinioni” del Trentino di fine anno è pubblicato un articolo di Paola Morini, esponente di un osservatorio sulle violenze contro le donne. L’articolo sostiene che l’omicidio della signora Agitu Ideo Gudeta da parte di un suo operaio agricolo del Ghana è dovuto alla cultura patriarcale, che legittimerebbe l’uso della violenza degli uomini sulle donne, percepite come “inferiori”. La tesi mi appare poco convincente. La violenza omicida nel caso della pastora di origine etiope nulla ha a che fare con la struttura familiare. L’omicida non ha motivato il suo atto per affermare la supremazia come maschio in un rapporto familiare, ma per una mensilità non corrisposta (a suo dire) dalla sua datrice di lavoro. Rapporti di lavoro, non rapporti familiari. In base alle mie esperienze d’Africa, talune anche drammatiche, è la facilità o meno al ricorso alla violenza a far la differenza, mancando in molte culture africane subsahariane la millenaria esperienza europea di civiltà cristiana, che insegna l’amore e il rispetto dell’altro, mancando in molte realtà africane uno spirito civico che riconosce solo allo stato, e dopo procedure prestabilite, il diritto a stabilire torti e ragioni e ad impiegare la forza per far rispettare le ragioni. E così il farsi giustizia da sé è costume che nel migliore dei casi è regolato dalla tradizione o dal consiglio degli anziani. Nella regione ugandese che ho conosciuto lo Stato era pressoché assente, mancavano apparati statali di controllo appena un po’ efficaci, comprese le prigioni dove custodire i colpevoli. Forse nel Ghana, luogo da dove proviene l’omicida, la situazione è migliore, ma non certo tale da assomigliare alla situazione delle società europee. Che la struttura patriarcale della famiglia possa non avere un ruolo nel generare omicidi della donna potrebbe essere provato esaminando dati statistici al riguardo. L’Osservatorio di cui è esponente Paola Marini potrebbe condurre qualche analisi. La cultura patriarcale stabilisce gerarchie di potere decisionale, tra l’altro diverse a seconda del campo delle decisioni da prendere; esiste un capo-famiglia. La riforma del diritto di famiglia, voluta in Italia da un parlamento per iniziativa sostenuta da forte presenza democratico-cristiana, ha sancito la parità tra i coniugi anche nello stabilire gli indirizzi della vita familiare, ed è stato un progresso, ma non so se abbia ridotto conflittualità e violenze tra uomo e donna. Le radici dell’uso della violenza sono ben più profonde e non mi pare attingano linfa e nutrimento dalle religioni, che per questo dovrebbero liberarsi dal “fardello della tradizione patriarcale” come invece afferma Morini. L’apostolo Paolo e più in generale la Bibbia condividevano l’idea che la famiglia avesse un capo-famiglia, ma non mi pare che a ciò si possano attribuire colpe per l’uso della violenza, specie fra estranei come nel caso della pastore etiope e dell’operaio agricolo ghanese. Rendere omaggio a luoghi comuni, come frequente in certi ambienti intellettuali e politici, non mi pare renda un buon servizio allo sradicamento dell’uso della violenza.

Inviato al Trentino ma non pubblicato

Chiesa-comunità è Chiesa strutturata

di il 5 Dicembre 2020 in burocrazia, comunità, religione con Nessun commento

Version:1.0 StartHTML:0000000167 EndHTML:0000004847 StartFragment:0000000454 EndFragment:0000004831

sul Trentino del 14 novembre Danilo Fenner, commentatore di questioni religiose del giornale, critica l’eccessiva burocratizzazione della Chiesa cattolica e vede in ciò una delle ragioni di conflitto tra la realtà e quanto invece vorrebbe Papa Bergoglio, una Chiesa-comunità. più “sinodale”. E fa un lungo elenco “una pletora” scrive, di organismi interni della stessa Chiesa locale, della diocesi, che, tra l’altro vedono un ruolo marginale delle donne e l’onnipresenza del clero. Rilevo che dall’elenco manca stranamente un altro organismo diocesano, la “Consulta dei laici”, che raccoglie esponenti di associazioni e movimenti cattolici, dove Presidente eletta è da più mandati una donna e dove le donne sono numerose.

Leggendo l’articolo sono riandato col pensiero alla mia gioventù, nel periodo del Concilio Vaticano II e degli anni immediatamente successivi, quando la costituzione di organismi di partecipazione era visto, alla luce dei documenti conciliari, come un fatto positivo, innovativo, rispetto alla situazione precedente nella quale la gestione delle decisioni attinenti alla Chiesa, anche locale, erano di competenza esclusiva delle autorità ecclesiastiche (parroco, vescovo). Come mai tali organi di partecipazione sono giudicati da Danilo Fenner come “burocrazia”, che contrasterebbe la “sinodalità” che vorrebbe, invece, Papa Francesco? Pure il Sinodo, peraltro, è un organismo di partecipazione, in versione certo più “assembleare”, ma disciplinato da regole e da rappresentanze anche a livello diocesano, come l’ultimo tenuto nella diocesi trentina per volere del vescovo mons. Gottardi. C’è un altro aspetto della gestione ecclesiale che viene spesso criticata, il procedere per pianificazioni. Ricordo quando si criticava la gestione “episodica” di iniziative e, sulla scorta di quanto accadeva anche in campo civile, con l’affermarsi della pianificazione o programmazione (economica, sociale, urbanistica, ecc.) anche nella gestione ecclesiale e associativa si procedeva per piani (e ancora si procede) e la loro formulazione e valutazione era compito degli organi di partecipazione, ciascuno con le sue specifiche competenze. Anche a questo riguardo c’è chi rinviene in tale pianificazione non il tentativo di dare razionalità all’azione, ma un sovrabbondare di burocrazia. Meglio l’improvvisazione che nasce dall’ispirazione dello “Spirito Santo”, che soffia dove vuole e non si lascia disciplinare dalla razionalità umana.

Danilo Fenner (ma non è solo, con lui egli vede anche il Papa attuale) vorrebbe altri modelli di gestione, ispirati a una Chiesa-comunità, “non burocratica, non dottrinaria, non strutturata…. dove a decidere non sono i preti”. Risento l’eco di uno spirito “sessantottino”, che aveva destrutturato la formazione universitaria e voleva destrutturare i partiti e i sindacati, sostituendoli con “movimenti” e comitati condotti da leader, voleva destrutturare la famiglia (ricordo le “comuni” anche a Trento), e così via. Non mi pare che l’esperienza abbia dimostrato che simili modelli gestionali abbiano portato grandi risultati. E in ogni caso un periodo “movimentista” termina con l’estinzione dell’effervescenza e/o con la strutturazione, che vede regole, apparati amministrativi, “dottrine” di riferimento. Anche la “comunità” vive strutturata, come dimostra la storia delle comunità locali. La “rivoluzione permanente” non è mai durata a lungo, né nella Cina maoista nè nella Cuba castrista. Il problema da cui originano i sentimenti espressi da Danilo Fenner non sta né negli organismi di partecipazione né nella programmazione delle attività, ma nella debolezza della fede, dell’esperienza ecclesiale, nella secolarizzazione del nostro modo di vivere, che lascia uno spazio sempre più esiguo alla forza e alla portata della risposta religiosa alle questioni di senso della vita nostra e del mondo. Sempre meno persone che scelgono il sacerdozio o la vita consacrata. Sempre meno forte è il senso di appartenenza ecclesiale. Cresce la religione “self service”, “à la carte”. Desiderare una Chiesa destrutturata, perfino anche nella dottrina, è espressione di ciò.

Inviato a il Trentino e finorta non pubblicato

Riforma autonomie locali in Trentino

di il 6 Novembre 2020 in autonomia, comunità con Nessun commento

Caro Direttore Mantovan

apprezzo molto il dibattito da Lei aperto sul Trentino in merito alle autonomie locali. Il 28 ottobre una lettera di Aldo Collizzolli coglie nel segno nel parlare di “lacrime di coccodrillo” a proposito dei ripensamenti di decisioni passate, che si rivelano negative. Il coccodrillo in realtà era uno, mentre gli altri si adattavano in gran parte ai suoi voleri, pena esclusione dai premi “margherita”. Peraltro sulla destra e sulla sinistra c’erano altri che, pur di combattere l’assetto socio-politico che reggeva da decenni il Trentino, spingevano il coccodrillo ad andare oltre, proponendo di eliminare le autonomie delle piccole comunità e predicando la concentrazione del potere in un “capo”, eletto direttamente dal popolo, con potere di dissolvere la possibilità partecipativa dei soci del capo o di ogni altra espressione di opposizione al capo, e proponendo di concentrare l’amministrazione delle piccole comunità in pochi comuni.
Lei ha avuto il merito di “costringere” il coccodrillo e altri fiancheggiatori od oppositori a versare lacrime, aprendo lo spazio a ripensamenti, impossibili da non mettere nel conto data la situazione di destrutturazione socio-amministrativa che è in corso.

Il pensiero sociale cristiano è sempre stato per una democrazia partecipata e per un sistema di rapporti di potere tra i diversi livelli nei quali si organizza la comunità improntato al principio di sussidiarietà. E così lo pensò la Democrazia Cristiana degli anni Sessanta e Settanta. Poi venne la stagione della verticalizzazione delle relazioni in nome di una “democrazia decidente”, forse in qualcuno di impronta tecnocratica, ma di fatto per i più di marca “populista”. Elezione diretta dei capi-amministrazione, sistema elettorale maggioritario, nei piccoli comuni senza limite alcuno, a turno unico, marginalizzazione dei “consigli elettivi”, concentrazione dei servizi, obbligo di gestioni unificate, incentivi alla unificazione dei comuni, ecc.. Ben venga la lacrimazione!

Servono revisioni. Una di quelle annunciate, ancora avvolta nella nebbia, riguarda l’autonomia amministrativa a livello delle comunità di valle. A suo tempo il Centro-UPD (ora Centro Popolare), per siglare il patto per costruire la “Casa dei trentini”, pose la condizione di riconoscere l’autonomia anche politica a livello di valle, a correzione dei programmi di trasformare i comprensori in meri strumenti organizzativi per alcuni servizi. Dellai con il suo partito e obtorto collo anche il PATT, principali condomini della “casa”, accettarono e nacquero le “Comunità di valle”, così denominate proprio su proposta del Centro-UPD. Accanto a compiti amministrativi e di gestione per alcuni servizi, al nuovo ente che succedeva al Comprensorio venivano conservate due competenze squisitamente politiche, la pianificazione socio-economica e la pianificazione urbanistica. Non si trattava di un “capriccio” di qualcuno, ma di una scelta fondata su razionalità. La tentazione di riportare le decisioni a scala di valle alla Provincia mortificava le autonomie locali; quella (apparentemente opposta) di far decidere in merito ai Comuni riportava al disordine irrazionale nelle scelte sull’uso del territorio e sulle strategie socio-economiche. Qualcuno propone che sia una Conferenza dei sindaci a garantire razionalità, ma l’espereienza è già stata fatta nell’ultimo periodo di vita dei Comprensori, in regime provvisorio. “Io ti lascio fare questo se tu lasci fare quest’altro a me”. La logica spartitoria di piccolo raggio facilmente prevale laddove sono solo i sindaci a decidere, senza rappresentanti delle più grandi comunità sovra-comunali, per lo più a scala di valle. La Provincia ha scelto di nominare dei Commissari. Si poteva fare diversamente con più attenzione alla democrazia partecipativa, ma ciò che conta sarà il disegno di riforma, che non sacrifichi democrazia partecipativa e razionalità nel porre le condizioni per il perseguimento del bene comune a scala di valle. Sono scelte di valore, sulle quali il Centro Popolare aveva insistito anche nella stesura del programma di coalizione popolare autonomista.

Lettera inviata al Trentino e non pubblicata

Lettera agli elettori e alle elettrici di Trento

di il 18 Settembre 2020 in elezioni, partiti politici con Nessun commento

Trento, settembre 2020

Caro amico, cara amica

sono candidato nella lista dell’Unione dei Democratici Cristiani per il Comune di Trento e per le circoscrizioni di Villazzano ediOltrefersina. Penso giusto segnalarlo alle persone con le quali ho avuto occasione di avere rapportisignificativi non casuali, dando al riguardo informazioni, per una scelta consapevole.
Pur avendo chiuso il mio impegno nelle istituzioni politiche nel 2006 e ripreso l’insegnamento universitario fino al 2018-19, ho continuato a fare quanto potevo per dare ai cittadini l’opportunità di poter scegliere una formazione politica di prevalente ed esplicita ispirazione cristiana. Essa serve per non dover trascurare nelle scelte, anche comunali,valori importanti. Ciò accade a chi sceglie a sinistra o per laici radicali in merito alla “questione antropologica”(trascura valori quali il rispetto integrale della vita umana, in ogni condizione, il dare ai figli un ambiente familiare accogliente, anche non consentendo che si generino volutamente figli privi del papà e della mamma naturali). Ciò accade a chi sceglie a destra in merito alla “questione democratica e istituzionale” (trascura valori quali la concezione della democrazia pluralista e partecipativa, non solo elettorale, e quali il rispetto del principio di sussidiarietà a tutti i vari livelli di governo, da quello locale a quello europeo e globale, evitando nazionalismi e particolarismi).
Con un gruppo di amici abbiamo perseguito tale obiettivo prima in Trentino con il Centro Popolaree dal 2018 anche a livello nazionale, riattivando, con i soci che hanno confermato la loro iscrizione storica 1992-93, il partito della Democrazia Cristiana, per sentenza definitiva della Corte di Cassazione, nel 2010,dichiarato mai legittimamente sciolto. Con altri partiti della diaspora del cattolicesimo politico (Unione di Centro, CDU) e una quarantina di movimenti e associazioni di ispirazione cristiana, ci si è incamminati verso la convergenza, creando una Federazione Popolare dei Democratici Cristiani, che per queste elezioni regionali e comunali ha proposto il simbolo dello “scudo crociato” con la dicitura “Unione dei Democratici Cristiani”.Sarebbe stato male non cominciare con una presenza dell’Unione dei DC alle prossime elezioni a Trento, tanto più che a coinvolgersi non sono solo persone che furono della DC in passato, ma anche giovani che capiscono l’importanza e la validità del progetto politico. Proprio per accompagnare la realizzazione di tale progetto, in quanto ritenuto personalmente “ponte” tra la DC storica, della quale sono stato ultimo Segretario in Trentino, dal 1992 al 1994 e la DC che si è riattivata e della quale dal 2019 sono stato eletto Presidente del Consiglio Nazionale (è la stessa DC di Degasperi, Sturzo, Moro, Piccoli, Kessler e di molti altri), mi è stato chiesto di candidare per le comunali di Trento e mi sono sentito in dovere di accettare la proposta. Se eletto, sarò anche nella possibilità di dare al Comune di Trento i contributi di tanti anni di esperienza in molteplici campi, quali ad es. quelli culturali, urbanistici, sullo sviluppo socio-economico delle aree di montagna e marginali, delle politiche sociali e per la famiglia, dell’identità e dell’appartenenza, delle politiche per la casa e di quelle per i centri storici urbani e rurali.
L’Unione dei Democratici Cristiani sostiene la candidatura a sindaco di Marcello Carli, anch’egli di origine DC. Egli ha valide competenze gestionali e politiche e un programma innovativo condiviso. L’Unione dei DC ha pensato utile sottolineare alcuni obiettivi programmatici in un pieghevole che mi permetto di allegare (e qui pubblicato in altro messaggio del blog). Mi permetto anche di elencare dieci motivi per i quali una persona potrebbe decidere di darmi la preferenza. Su questo blog a mio nome è anche pubblicato in sintesi il mio curriculum, omettendo la parte universitaria e professionale.
Cordiali saluti,
Renzo Gubert

10 MOTIVIPER CUI POTRESTI DECIDERE DI VOTARE GUBERT NELLA LISTA DELLO SCUDO CROCIATO

1.Classe 1944, ha alle spalle molte esperienze professionali, amministrative, culturali, politiche in Trentino, in Italia, in Europa e in tutti gli altri continenti (si veda il curriculum depositato in Comune). Può essere utile per le scelte comunali.

2.Ha operato per la riattivazionelegittimadella Democrazia Cristiana, il partito di Alcide Degasperi,di Sturzo, di Moro, di Piccoli, di Kessler, e di tanti altri che hanno servito Trento e il Trentino;

3.È un autonomista convinto,ma nello stesso tempo convinto europeista e favorevole alla costruzione di istituzioni democratiche globali: lo dimostrano gli studi sull’autonomia dell’area alpina e gli interventi nelle Assemblee parlamentari del Consiglio d’Europa e dell’Unione Europea Occidentale

4.Crede nell’importanza di una famiglia naturale unita e fiduciosa nel futuro; primo di dieci figli, con la moglie Maria Silvia Zecchini ne ha avuti nove

5.Non concepisce Trento solo come città di provincia, ma come centro mitteleuropeo di mediazione fra area economica e culturale italiana e quella tedesca; lo ha già dimostrato anche all’Università come direttore di una rivista italo-tedesca di sociologia

6.Èconcreto:ai problemi degli abitanti vuol dare risposte nei fatti, come ha fatto per il bisogno di “prima casa” da assessore a Primiero

7.Èdisponibile e sente il dovere di rendere conto del suo operato ai cittadini, come ha dimostrato negli anni del mandato parlamentare, con recapiti regolari e il bollettino periodico “in Politica”

8.Non gli piace che chi amministra privilegi amici e conoscenti, senza considerare meriti e capacità, per incarichi, contributi, consulenze, scelte urbanistiche: ama l’imparzialità della Pubblica Amministrazione

9.Crede nel principio di sussidiarietà, valorizzando le capacità di iniziativa di associazioni e comunità; lo ha dimostrato con l’impegno per l’autonomia delle scuole nella Federazione delle scuole materne e nella Conferenza Permanente per le Autonomie

10.Haconvinzioni profonde, ispirate al pensiero sociale cristiano, ma odia il settarismo, e valorizza le buone proposte anche se vengono da chi è di parte opposta. Lo testimoniano i verbali parlamentarie dell’Assemblea Parlamentare delConsiglio d’Europa.

Programma Unione dei DC elezioni comunali Trento 2020

di il 18 Settembre 2020 in elezioni, partiti politici con Nessun commento

Ci impegniamo ad attuare il programma di coalizione presentato dal candidato Sindaco Marcello Carli, con particolare attenzione ai seguenti punti
Famiglia e qualità della vita
Intendiamo partire dalla famiglia perché è nelle relazioni familiari che ognuno fonda il proprio benessere; nell’essere accolto e amato sempre.
Politiche attive per incoraggiare la formazione della famiglia fondata sul matrimonio, la sua stabilità con misure di sostegno nelle situazioni di difficoltà.
Impegno a fare in modo che una famiglia abbia un’abitazione adeguata.
Nella situazione di inverno demografico in cui ci troviamo il sostegno alla natalità è per noi un altro punto fondamentale.
Economia e lavoro
Intraprendere politiche attive, per il supporto ed il rafforzamento delle attività economiche esistenti e lo sviluppo di nuove attività.
Prevedere un piano per l’efficienza dell’Amministrazione Comunale, che valorizzi le capacità innovative, lo snellimento ed il contenimento dei costi.
Assicurare a Dolomiti Energia il supporto necessario nella sfida che deve affrontare per la riassegnazione delle concessioni di grande derivazione idroelettrica.
Mobilità
Intraprendere un’innovazione radicale, pianificando una rete di piste ciclabili, introducendo un vero e proprio car-sharing ed integrando tutti i vari sistemi di trasporto, pubblici e privati.
Trasformazione da seguire di pari passo con la realizzazione della nuova linea ferroviaria e dei collegamenti con le valli.
Prevedere nuovi parcheggi di attestamento, dove poter lasciare l’automobile per utilizzare i mezzi pubblici e/o quelli condivisi.

Edilizia ed Ambiente
Recupero gli immobili dismessi e da ristrutturare, limitando il consumo di suolo alle sole prime case.
Prevedere specifici piani di edilizia sociale; riservare particolare attenzione alle esigenze delle famiglie, soprattutto a quelle giovani ed a quelle numerose.
Pianificare strutture leggere per anziani, per l’invecchiamento attivo, la valorizzazione delle capacità residue ed il contenimento dei costi di assistenza.
Togliere l’IMU da tutte le abitazioni date in comodato ai figli.
Recuperare le aree inquinate di Trento nord.
Società, cultura e benessere
Coordinare e potenziare le varie forze dell’ordine ed adottare le misure di sicurezza previste, fino all’espulsione d’autorità di chi disturba o delinque.
Favorire l’associazionismo culturale, ricreativo, sportivo, nel volontariato, prevedendo specifico supporto negli adempimenti per l’organizzazione degli eventi; più in generale sviluppare tutte le opportunità di intessere relazioni sociali e una cittadinanza attiva. Sostegno specifico alle attività culturali dei giovani e degli studenti universitari.
Insediare nuove attività negli spazi rimasti liberi e recuperare gli edifici abbandonati, per contrastare il degrado e l’insediamento di attività illecite.
Sostenere e concedere patrocini solo a iniziative culturali coerenti con i valori della tutela della vita umana, dal concepimento al termine naturale, della famiglia naturale fondata sul matrimonio, della democrazia come partecipazione, dell’ambiente, della pace. Misure di prevenzione dell’aborto.
Coinvolgere persone immigrate richiedenti asilo in attività di volontariato ambientale.
Riscoprire e valorizzare la nostra storia
Dal Principato vescovile, simbolo di autogoverno a cavallo di due grandi culture, dal Clesio al Grande Concilio, a Martino Martini portatore di grandi aperture, da Alcide De Gasperi a Chiara Lubich, fondatrice di un movimento cristiano attivo a scala globale ed a molti altri, possiamo vantare nella nostra storia figure ed eventi che hanno avuto una rilevanza internazionale.
Possiamo e dobbiamo continuare a coltivare l’antica vocazione ecumenica di Trento, area di contatto e di mediazione, sia economica che culturale, fra le aree italiana e tedesca, con particolare attenzione al ruolo dell’Università.
Valorizzare gli edifici di culto anche dal punto di vista turistico, per intercettare il turismo religioso oltreché per consentirne la conservazione; modalità di fruizione che potrebbe costituire una nuova forma di comunicazione dell’avvenimento cristiano e della storia che ha generato; sarà poi da prevedere un impiego appropriato per gli edifici sacri non più officiati.
Dobbiamo valorizzare anche le identità degli antichi insediamenti frazionali tramite appositi investimenti sul patrimonio storico e in attività culturali; valorizzare la storia di Trento e il patrimonio che lo testimonia.
Fornire supporto alle iniziative di coordinamento delle attività commerciali medio piccole, tipiche dei centri storici, per consentire loro il recupero, almeno in parte, della competitività, così da assicurare il presidio del territorio ed in generale tutte le funzioni sociali che forniscono, tra cui il fattore di attrattività che un centro commerciale naturale come il centro storico può rappresentare.
Politiche giovanili
Siamo la coalizione con l’età media più bassa; raccogliamo quindi il disagio dei giovani talvolta costretti ad emigrare. Il nostro Ateneo è uno dei più apprezzati in Italia con 16.000 studenti. Costituiscono una grande risorsa per il territorio e meritano quindi maggiore attenzione in tema di servizi dedicati, opportunità culturali, sportive e ricreative, da realizzare in un fattivo coinvolgimento.

Renzo Gubert candidato DC lista Unione dei Democratici Cristiani alle elezioni comunali di Trento. Breve curriculum

di il 30 Agosto 2020 in elezioni con Nessun commento

Nato a Primiero nel 1944, risiede a Primiero San Martino di Castrozza e ha domicilio a Trento, Grotta di Villazzano. Primo di dieci figli, padre prima piccolo agricoltore e poi manovale edile, primierotto e madre della Val di Fiemme, orfana da bambina (padre morto sul lavoro da boscaiolo), casalinga e contadina. Quinta elementare e medie in Seminario diocesano a Trento, due anni da garzone a Primiero e poi diploma di ragioniere al Tambosi di Trento. Laureato con lode in Sociologia a Trento col prof. Franco Demarchi nel 1969, si perfeziona alla Cattolica di Milano (1969-73) e a New York (CUNY), nel 1972. Sposato con Maria Silvia Zecchini, professoressa di scienze naturali, i suoi originari della val di Ledro. Nove figli e finora 13 nipoti da cinque figli sposati. Un figlio, dottore di ricerca di sociologia, è carmelitano. Professore ordinario dal 1980, ha insegnato Sociologia (corso avanzato) all’Università Cattolica di Milano fino al 1982 e Sociologia urbano-rurale, poi Istituzioni di Sociologia II e da ultimo Sociologia delle comunità locali all’Università di Trento fino al 2019, salvo il periodo di aspettativa per mandato parlamentare. Per due mandati Direttore del Dipartimento di Teoria Storia e Ricerca Sociale presso la stessa università. Vicepresidente dell’Opera Universitaria e membro del Consiglio di Amministrazione dell’Università di Trento in rappresentanza dei professori ordinari per due mandati. Già vicepresidente dell’Associazione Italiana di Sociologia. Ha condotto numerose ricerche in Italia e all’estero, pubblicandone i risultati, su temi quali le aree di confine, le minoranze etniche, lo sviluppo delle aree montane, la condizione giovanile, l’autonomia, l’identità trentina, il sentimento di appartenenza territoriale, i valori in Italia, in Europa, in Cina, nel Sud-est asiatico, in Uganda, in Brasile e in Argentina. Ha svolto funzioni di consulenza, tra le altre, alla Provincia di Bolzano su temi della condizione giovanile e sulla domanda di bilinguismo, alla Provincia di Trento sulla prima lavorazione del legno e sui boscaioli, al Comprensorio delle Giudicarie sul Piano di sviluppo, al Comprensorio della Vallagarina sul piano per i centri storici minori, al Comune di Trento per il Piano del centro storico, alla Federazione provinciale delle scuole materne per la formazione dei gestori. E’ stato, tra gli altri, nel Comitato scientifico dell’Accademia Europea di Bolzano e Presidente del Comitato scientifico dell’Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia. Impegnato in associazioni cattoliche, è stato Presidente in Trentino della FUCI-AUCT e dell’Associazione Trentina della Famiglia, nonché responsabile provinciale del Sindacato delle Famiglie. Per molti anni Presidente della cooperativa per studenti universitari “Villa Pisoni” a Malga Fosse di Sotto a San Martino di Castrozza. Tra i fondatori in Trentino del Movimento per la Vita. Impegnato nel Movimento Popolare in Trentino. Ultimo segretario della Democrazia Cristiana Trentina dal 1992 al 1994, è stato responsabile provinciale del PPI e dei CDU nel cui Esecutivo nazionale è stato il responsabile dei settori Politiche sociali, Istruzione e ricerca e Famiglia. Attualmente è Presidente del Centro Popolare, che ha stabilito dal 2019 una forma stabile di collaborazione con la Democrazia Cristiana, per la riattivazione della quale si è impegnato a livello nazionale dal 2012, diventandone nel 2019, poco dopo il XIX Congresso del 2018, Presidente del Consiglio Nazionale. E’ stato consigliere comunale capogruppo DC a Tonadico e a Fiera di Primiero, assessore all’Urbanistica del Comprensorio di Primiero, parlamentare dal 1994 al 2006 ( prima nel PPI, poi nei CDU, nell’UDR, nel Il Centro-UPD e ultimamente nel gruppo UDC). Ha lavorato nelle Commissioni Agricoltura, Bilancio, Difesa (con il ruolo di vicepresidente) Questioni regionali, Infanzia (con il ruolo di vicepresidente). E’ stato membro dal 2001 al 2006 dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa e Presidente della sua Commissione Ambiente, Agricoltura e Poteri Locali e Regionali. Presidente dell’Associazione parlamentare Amici della Cina negli anni del mandato parlamentare (ed ora Presidente onorario), ha guidato in Cina numerose missioni parlamentari ed è stato insignito di onorificenza governativa cinese “Amico della Cina” al primo suo conferimento. Attuale professione: micro-agricoltore e micro-allevatore a Primiero e a Trento per un’alimentazione familiare a “chilometri zero” e ricercatore per passione sui dati delle indagini sui valori.30 Agosto 2020
Top